Gli operai col giubbino arancione portano in spalla Paolo per l’ultimo saluto. È l’immagine che svela quel mondo di valori che il ragazzo ha portato avanti fino alla fine. Semplice, buono, umile, mai fuori posto. Valori così immensi quanto impercettibili, pilastri invisibili della nostra società, di un mondo che è cambiato, ma ancora così forti da scuotere un’intera comunità. Con Paolo Agrusa ci saremo incontrati mille volte, ma la freschezza dei suoi 26 anni lo legava a un’altra generazione, avevamo poco in comune. Ho iniziato a conoscerlo da qualche giorno, da quel maledetto giorno. Nel dolore della gente, nel ricordo degli amici, nelle parole sincere di chi lo ricorda come un bravo ragazzo, un onesto lavoratore, innamorato della sua ragazza, attaccato alla sua famiglia, agli amici. Abituati come siamo a un’epoca di numeri e di apparenza, il ritratto di Paolo è quello di giovane eroe moderno, vincitore delle sfide contro le mille insidie del nostro tempo, che su quei valori stava costruendo la sua vita.
Io credo che sia importante dare un senso, un valore a tutto questo. E in maniera molto sommessa, penso che potremmo consegnare a futura memoria tutto questo, dedicandogli una targa in uno dei luoghi più belli del nostro paesino, quella terrazza sul golfo che si trova dietro all’ex mattatoio, così imponente quanto silenziosa, così bella quanto eterna, come quei valori che vorremmo celebrare e far conoscere alle generazioni che verranno, ricordando il giovane Paolo.