Oggi, 14 novembre 2024, il consiglio comunale di Balestrate decreterà il fallimento del Comune dopo 204 anni di vita. Chi governa questo paese da 7 anni ha già stabilito di non essere più in grado di far quadrare i conti. Sette milioni di disavanzo, oltre 3 milioni di debiti fuori bilancio, una situazione insostenibile. Ma non starò qui a parlare degli aspetti giuridici, contabili e giudiziari, ci sarà tempo e ci sono organi che se ne stanno già occupando.
Quello su cui però sento l’obbligo morale di intervenire, è il momento che sta vivendo la nostra comunità, di cui ormai seguo l’evoluzione dal lontano ottobre 2004, esattamente 20 anni fa, quando nacque Balestratesi.it.
Dopo la pandemia, un processo che sembrava lento e inesorabile ha subito una forte accelerazione. La soglia della sopportazione si è alzata, l’ambizione è sparita, il senso di impotenza ha spinto la popolazione a rintanarsi in una sorta di grande letargo. La vita politica si è ridotta a mera tifoseria, dove non conta chi ha ragione, ma per chi si fa il tifo. La situazione è precipitata.
La gestione del paese è in mano a una trentina di persone che decidono per tutti gli altri. Il governo cittadino si decide sulla base delle alleanze di queste 30 persone. Non c’è più una coscienza critica, non c’è più traccia di opinione pubblica. Non che prima fosse così diverso, ma per anni, di fronte a un articolo, una segnalazione, una denuncia, si sollevava forte l’indignazione e l’amministratore di turno si sentiva in dovere di risolvere quel problema. Magari mi odiava, mi attaccava, ma correva a risolvere il problema. Oggi non più, si amministra in un contesto di totale deresponsabilizzazione. Non c’è un giudizio pubblico a pendere sulla testa di chi fa politica.
Ho ascoltato attentamente l’intervista a Telejato rilasciata dal sindaco sul dissesto, e secondo me contiene informazioni nevralgiche su quella che è la situazione di Balestrate oggi. Le tasse? Sono già al massimo dice il sindaco, la situazione è già grave, quindi non ci saranno conseguenze. Questa risposta sul fallimento sarebbe oggetto di indignazione in un qualsiasi contesto sociale in cui è viva l’ambizione di una comunità a migliorare, in cui i cittadini ambiscono a crescere e hanno la propensione a non rimanere per chissà quanti anni ancora in una situazione deficitaria. A Balestrate no, manca totalmente questo spirito di rivalsa, e il sindaco lo sa benissimo. Nessuno gli contesterà questa sua affermazione. “Chiu scuru di mezzanotte non può fare”, è l’esaltazione della mediocrità.
Tanto è vero che conclude il suo intervento dicendo che alla fine, in questo clima di difficoltà, si è comunque riusciti a fare qualcosa, a fare eventi. Parla proprio di eventi. Una popolazione ormai ridotta a uno stato di esigenze primordiali non si renderà conto delle conseguenze del fallimento, perché tanto la sera, per dirla con un detto che esiste probabilmente solo dalle nostre parti, “l’importante è calare la pignata”. Abbiamo visto vandali al parco giochi, il parco chiuso, degrado ovunque, ma guai a lamentarsi o protestare.
Il fallimento di Balestrate nella sua drammaticità non è la cosa peggiore che potesse accadere. La cosa peggiore è che la situazione sociale che sta attraversando Balestrate ci vede incapaci di reagire. Non abbiamo gli strumenti, non abbiamo le energie, non ci sono le competenze.
Non serve più neanche animare un dibattito perché manca l’interlocutore, ovvero il cittadino attento che magari non partecipa alla vita pubblica, ma che di fronte alla mala gestio amministrativa reagisce e si indigna. E senza tutto questo a farne le spese è la stessa politica, proprio la politica, che perde quel controllo di qualità fondamentale da parte del cittadino per lavorare bene. In una situazione di totale menefreghismo, nessuno ha la spinta a far meglio.
Se qualcuno dovesse dire la verità per il bene di Balestrate, dovremmo sentir parlare di caccia agli evasori, di recupero dei tributi locali non pagati, della tari, di lotta senza pietà contro il sommerso nel turismo, contro il mancato pagamento della tassa di soggiorno, di decoro, di multe senza pietà, di ordine e regole nel paese. E poi a quel punto qualcuno si sveglierebbe e probabilmente, come in un film di Ficarra e Picone, finirebbe col rimpiangere il tempo in cui Balestrate fallì. “Allora sì che si stava bene”.