L’ex sindaco e medico Salvatore Campo ha voluto ricordare Salvatore Spica, artigiano e imprenditore, morto a 76 in un tragico incidente. Di seguito la sua lettera.
Salvatore Spica è morto, a 76 anni se ne è andato in maniera inattesa, in un giorno in cui ci si preparava ai festeggiamenti, allo stare in famiglia e allo stare insieme. Oggi, 2 gennaio 2016, i balestratesi in un affollato funerale hanno voluto tributare il loro affetto e il loro rispetto verso una persona che si faceva voler bene. Chi ha partecipato ha portato un proprio vissuto di dolore che ha tenuto insieme una comunità e ci auguriamo possa aver dato sostegno a quello immenso dei familiari.
Il nostro Parroco, don Francesco Giannola, nella sua omelia, ne ha ricordato il profilo umano con meticolosa puntualità, come se lo conoscesse da tempo. Uomo amabile, dagli occhi buoni, comunicativo, intelligente, una persona per bene. Ognuno di noi, per la propria esperienza relazionale, ne potrebbe descrivere qualità diverse e positive.
Ma Salvatore Spica è stato anche “altro”, un’”altro” indissociabile dal legame affettivo con cui si era legati alla sua persona. “Altro” che le nuove generazioni potrebbero non conoscere ed è un bene che conoscano per una persona che entra come protagonista nella storia recente della nostra Balestrate.
Tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60, la popolazione di Balestrate di 5-6000 abitanti, storicamente ripartita tra ascendenze socio-culturali marinare e contadine, viveva quegli anni nell’anelito di affrancarsi dai bisogni di economie che tanti sacrifici e sofferenze richiedevano e che ormai stentavano ad assicurare, se non benessere economico, certezze su una dignitosa conduzione della famiglia. Gli alunni delle scuole elementari, a fine anno scolastico, erano ancora chiamati ad eseguire sulla Piazza Rettore Evola il saggio, una manifestazione ginnica, retaggio del regime pre-repubblicano, e che dopo qualche anno sarebbe scomparsa. I ragazzi animavano le strade, non asfaltate e tutt’al più acciottolate o rivestite da balate, con i giochi tradizionali che seguivano una ciclicità stagionale. I carretti, su alcune strade sabbiose, lasciavano profondi solchi. I marinai, dalle abitazioni prossime a via Repubblica, a piedi scalzi e per un viottolo scosceso, raggiungevano lo scaro, raccolto in una rientranza della costa tra i muraglioni a sostegno del pianoro che accoglieva la stazione ferroviaria sovrastante e un promontorio triangolare al cui vertice sorvegliava una postazione militare e nella cui sottostante scogliera si potevano ancora vedere le vestigia di un’antica tonnara.
Incominciavano ad emergere iniziative che, nei balestratesi, si concretizzavano come bozze primordiali di sogni accarezzati e coltivati per anni. Primi punti vendita cominciavano a differenziarsi dalla putìa e qualche coraggioso si lanciò in iniziative per quei tempi definibili ardite. Alcuni uomini non sanno leggere i tempi, altri lo sanno fare, altri sanno intravedere cosa c’è dietro l’angolo, altri ancora hanno la capacità di arrivare in anticipo rispetto ai tempi e al pensiero comune, sono inizialmente definiti “folli” prima di essere ridefiniti geniali.
Una capanna-ritrovo-bar nella spiaggia sotto la stazione, una pizzeria, da li a qualche anno La Conchiglia, …
Erano gli anni in cui, anche in quell’ambiente di provincia, la pizza ebbe la consacrazione ad elemento propiziatorio e quasi catartico; il sabato sera la famiglia, gli amici e chi voleva andare fuori e stare assieme andava a mangiare la pizza, i cui ruoli alimentare e sociale erano diversi rispetto a quelli del tradizionale sfincione.
I giovani furono tra i protagonisti di quegli anni. Giovane era Salvatore Spica che, pur non avendo frequentato master di economia, peraltro allora inesistenti, in prestigiose università, ebbe l’intuito del ruolo che la pizza e la pizzeria avrebbero avuto da li a qualche anno e la capacità di convertire l’idea in progettualità e realtà. Fu’ così che sorse la pizzeria Cavalluccio Marino sul lato Ovest della Via Madonna del Ponte e in cui su terra battuta, assieme al forno all’aperto, erano disposti dei tavoli riparati da incannucciate; un jukebox propiziava l’ambizione di balera, raccogliendo tanti giovani con l’opportunità di stare insieme, confrontarsi e progettare, a volte anche sognare.
Per diversi anni fu’ la pizzeria del versante occidentale della provincia di Palermo e di quello orientale della provincia di Trapani; non solo perché le pizzerie erano poche e una novità ma soprattutto perché la maestria di Salvatore Spica consentiva di gustare pizze i cui sapori alcuni ricordiamo ancora e perché i suoi modi comunicativi e accoglienti lo rendevano una persona amica.
Vivendo le evoluzioni che interessarono la società fu’ anche ristoratore, interpretando al meglio i nostri piatti tradizionali, magnificandone i sapori. In ambito gastronomico, il suo aspetto meno noto è verosimilmente quello di gelatiere; usufruendo di robuste radici, fu’ un maestro i cui secreti-non segreti, perché chiaramente da lui manifestati, stavano nella conoscenza dell’arte e nella scelta delle materie prime. Tale arte fu’ da lui esercitata non solo nella breve esperienza di gestione di una gelateria ma in tutto l’arco temporale in cui fu’ ristoratore. Chi ha gustato i suoi pezzetti, segmenti di cupolette con guscio di gelato e cuore di gelato-cassata con canditi, consegnato alla nostra tradizione dalla dominazione islamica di oltre un millennio or sono e piatto forte dei matrimoni di una volta dei nostri genitori e dei nostri nonni, ha gustato una parte di storia; ancora oggi, in diverse parti, qualcuno tenta di riproporli, ma senza l’arte magistrale è un’altra storia.
Anche questo fu’ Salvatore Spica, figura di balestratese la cui memoria onora noi singole persone, come cittadini e come balestratesi.
Balestrate, 2 gennaio 2015
Salvatore Campo
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come vicino di casa ma mi trovo in germania gli mando alla famiglia i miei rispetti condoglianze potete mettere 1 foto