Se il 25 aprile di 75 anni fa fosse oggi, i nostri commenti scomodi su Facebook sarebbero cancellati, i nostri post contestati e criticati, saremmo pure bloccati o attaccati quando al potere non conviene cosa diciamo. No, non voglio fare nessun paragone tra l’epoca del fascismo e oggi, non si può fare con il contesto sociopolitico, ci sono diritti innegabili che oggi sono stati conquistati e sono consolidati. Ma dopo 75 anni ci sono parole come liberazione, nazifascismo, la resistenza, che rischiano di apparire vuote se non si collocano in un quadro di fatti e situazioni. È un po’ come quando oggi si parla di mafia, quando si dice la mafia fa schifo! Odio la mafia! Ma poi se viene arrestato un mafioso in carne e ossa a due passi da noi cala il silenzio e se la fanno addosso.
I valori della Resistenza e della Liberazione sono valori universali che possono e devono calarsi in qualsiasi contesto, al di là dei fatti, delle battaglie, della dittatura, della guerra. Un valore è un valore e lo è sempre, a prescindere dal pericolo che corriamo, dal mondo in cui viviamo. Negli anni della Resistenza ci furono persone disposte a morire per la libertà, una libertà ben altra cosa rispetto all’adesione a un regime che garantiva comunque un’esistenza. Chi decideva di sottostare al regime, chi pensava più conveniente accettare quel mondo, chi semplicemente aveva paura, giurava fedeltà e otteneva comunque la possibilità di vivere una propria vita anche se in un contesto che ne annullava altre prerogative e ogni possibilità di iniziativa e diversità di vedute.
Fu un sentimento che comunque prevalse in parte della popolazione, e ancora oggi riecheggia in quei falsi miti di benessere, in quel “si stava bene quando si stava peggio”, dimenticando che non ci può essere sviluppo vero e progresso senza libertà. Non ci può essere crescita sociale, culturale, economica, se questa non coinvolge liberamente tutti i cittadini, senza alcuna distinzione.
Ecco perchè tutti quei valori, oggi, possono ancora essere celebrati e calati nella nostra realtà senza timore di incorrere nella banale critica dell’assenza di forme violente di repressione, dell’assenza di una guerra, e di un contesto che bene o male ci rende liberi, al netto dell’emergenza, di fare e dire quello che vogliamo. Siamo davvero liberi oggi di pensare, di agire, di opporci a scelte politiche, di affermare la nostra voce senza che ci sia bisogno di lottare, di scontrarci, di batterci con tutte le nostre forze? Sì, possiamo farlo, certo, ma col rischio di essere ignorati o peggio ancora attaccati, contestati dal pensiero unico. E succede, inutile nasconderlo, succede in piccolo, succede in grande.
L’emergenza del virus ha suggellato il quadro già complicato in cui vivevamo con una nuova terribile dittatura, quella dei social, dove la ghettizzazione delle idee, la menzogna, l’odio, sono le armi con cui si combatte la quotidiana guerra per la libertà.
La libertà di affermare il proprio pensiero, la libertà di affermare le proprie idee, di dissentire, di sbagliare anche, la libertà di pensarla diversamente, la libertà di essere minoranza, il diritto di essere minoranza e di avere ugualmente la possibilità di trovare spazio all’interno del dibattito e delle scelte politiche.
Sono libertà che iniziano a scarseggiare nel mondo di oggi, messe in dubbio dalla faziosità e dalla incapacità di confronto che nelle nuove generazioni trova terreno fertile per attecchire. La capacità e la propensione al confronto iniziano a venire meno in un’epoca di forte individualismo, e allora ecco emergere la presunzione, l’arroganza, quella inclinazione al governo solitario nemico della democrazia.
Queste libertà non possono essere barattate con l’adesione servile all’azione del potere, di chi ci governa, perchè anche se nessuno è pronto a spararci, ci sono altre dinamiche sociali che mortificano lo spirito e annientano l’uomo, e giorno dopo giorno, attraverso un percorso magari più lungo, finiscono ugualmente con il colpire le nostre libertà. Per questo motivo oggi ognuno di noi, nel proprio piccolo, con la forza delle proprie idee, col proprio coraggio, dovrebbe farsi partigiano della libertà di chi ci sta accanto, senza isterie ed eroismi, me scendendo in campo in prima persona nella quotidianità, per difendere qualcosa che nessuno potrà mai toglierci perchè è l’essenza principale della dimensione umana. Non farlo potrebbe costarci caro.
C’è una frase di Piero Calamandrei, una “storiella” che rende bene l’idea di cosa significhi l’indifferenza verso la politica, l’indifferenza di ognuno di noi nella lotta per la libertà.
E’ la storia due emigranti che vi riporto qui fedelmente. Due contadini, che traversavano l’oceano su un piroscafo traballante. Uno di questi contadini dorme nella stiva e l’altro sta sul ponte e si accorge che c’è una gran burrasca con delle onde altissime e il piroscafo oscilla. E allora questo contadino impaurito domanda a un marinaio: “Ma siamo in pericolo?”, e questo risponde: “Se continua questo mare, il bastimento fra mezz’ora affonda”. Allora lui corre nella stiva svegliare il compagno e dice: “Beppe, Beppe, Beppe, se continua questo mare, il bastimento fra mezz’ora affonda!”. Quello dice: ”Che me ne importa, non è mica mio!”. Questa è l’indifferenza alla politica.