Riproponiamo qui un articolo scritto lo scorso anno dove in pratica anticipavamo gli arresti.
Gli aeroporti di Palermo e Trapani, il porto turistico di Balestrate, il lungomare di Mazara del Vallo, una trentina di capannoni dell’area industriale di Partinico. Persino il nuovo commissariato di polizia di Castelvetrano. Sarebbero state queste le opere pubbliche sulle quali avrebbe messo le mani Benny Valenza, il “re” del cemento, finito agli arresti il 4 giugno 2009. Tra le accuse, una più di tutte ha fatto tremare l’edilizia della Sicilia occidentale: l’ipotesi che le strutture fossero state realizzate con cemento allungato con acqua nelle betoniere.
Detto così sembra troppo semplice: uno si aggiudica un appalto, usa cemento “depotenziato” e si arricchisce. E i controlli dove li mettiamo?
Questa è una storia di mafia, di potere, di un fiume di soldi iniziato a scorrere con il finanziamento dei lavori al porto per oltre 50 miliardi delle vecchie lire. E il fiume non si è fermato neanche dopo che l’opera è stata realizzata, perchè adesso si tratta di gestirla, per 20 anni, assicurando posti di lavoro, potere, denaro.
C’è un passaggio che è sfuggito a molti nella vicenda del cemento. Secono le intercettazioni riportate sui quotidiani all’indomani degli arresti, Valenza avrebbe ricevuto delle vere e proprie soffiate. Ma da chi? “Attento, ci sarà un controllo” avrebbe detto una fonte anonima. Tanto che l’imprenditore partinicese avrebbe spiegato ai suoi collaboratori: “Abbiamo avuto avvisaglie che ci andrà qualcuno a prendere qualche campione di cemento a scuppulittune. A Filippo glielo hanno detto in via del tutto confidenziale. Digli a tuo compare di stare attento”. Manco a dirlo, Valenza si sarebbe attrezzato con dei campioni di cemento “buoni” da sottoporre ai funzionari nel caso di controlli a sorpresa. La vicenda è oscura: a chi spetta il controllo dei campioni? Chi dispone le ispezioni? E chi sapeva dei controlli a sorpresa?
Questa vicenda assume dei contorni inquietanti alla luce degli ultimi risvolti sulla gestione del porto di Balestrate. Questa è una ricostruzione che ci permettiamo di fare dopo aver preso in considerazione le carte che riguardano il tribolato, tortuoso, lunghissimo iter burocratico che sta interessando l’affidamento della gestione alla società che si è aggiudicata la gara d’appalto, Marina di Balestrate. Un iter che ha fatto scattare un preoccupante allarme: dove la pubblica amministrazione è tortuosa, si possono annidare sacche di malaffare, corruzione, illegalità. Il concetto è stato ribadito dall’ex prefetto e assessore regionale Giosuè Marino dopo l’arresto del deputato regionale Gaspare Vitrano per presunte tangenti per sbloccare pratiche nel fotovoltaico.
Oggi sulla vicenda del porto di Balestrate continuano ad esserci dubbi, ombre, sospetti. E soprattutto tanti, tanti ritardi. Perchè è inconcepibile che dopo anni e anni questa struttura sia stata prima al centro di dispute per le forniture di cemento, con evidenti tentativi di infiltrazioni mafiose nella fase di realizzazione. Poi interminabili lotte di carattere politico-imprenditoriale per assicurarsi la gestione. Infine stiamo assistendo allo scontro e alle polemiche sull’iter per l’entrata in funzione della struttura, a causa di una lunga burocrazia che ha visto Comune e Regione perdere svariate settimane, a volte mesi, per una sola lettera di risposta.
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Che tristezza
Sono rammaricato nel leggere notizie di questo spessore, non trovo parole per giudicare i criminali coinvolti.